lunedì 19 gennaio 2015

IL DOVERE (D)E(L)L'IMPEGNO...

Rocco Chinnici (1925-1983)
"Bisogna capire quanto è triste e sconvolgente vedere dei giovani semidistrutti dall'eroina.
Oggi a Palermo abbiamo 3.000/3.500 eroinomani. Fra dieci anni questa cifra potrà raddoppiare. Quale problema, quale dramma! Purtroppo qui da noi, col pressapochismo che ci contraddistingue, questo problema non viene affrontato come si dovrebbe. Si è portati a sottovalutare il problema della droga, i cui effetti deleteri non li vediamo ancora, ma li vedremo fra dieci anni. Perchè il tossicodipendente diventa un peso per la società, oltre che per le famiglie. Le 50.000 lire per le dosi di eroina bisogna trovarle! Come vi spiegate i 50.000 furti all'anno nella città di Palermo? Un'alta percentuale di rapine viene consumata da soggetti drogati. I nuovi accattoni sono i drogati. I furti nell'appartamento, delle autovetture! Ecco il problema, che prima di essere giudiziario è sociale, civile, umano. E i danni di tante famiglie, i suicidi di tanti ragazzi, di qualche genitore, le epatiti da siringa! Come si può rimanere insensibili, inerti? La mafia oggi è diventata la portatrice dei malanni più gravi. Perchè in passato se rapinava, se estorceva, se imponeva il pizzo, tutto sommato non cagionava tutto il male che oggi invece produce con la droga. Mafia e droga sono un binomio inscindibile. La droga è oggi la principale attività della mafia. La droga viene smerciata dalla mafia. La mafia come associazione per delinquere è stata sempre fuori legge. Ma ora è anche contro l'umanità. Il traffico della droga io lo considero un delitto di lesa umanità" 

Rocco Chinnici, intervista rilasciata al periodico palermitano "Segno" nel 1981.



Rocco Chinnici
"La nostra è un’economia che in misura rilevante […] si è basata sulla droga, su denaro che gronda sangue, perché ricavato grazie allo smercio dell’eroina che uccide.
I tossicodipendenti sono come degli ammalati bisognosi di cure particolari. Non è solo la dissuefazione dalla dipendenza fisica che porta al loro recupero e al loro reinserimento; […] se ci si arresta a questo, non si è realizzato proprio nulla: resta una fortissima dipendenza psicologica, tanto forte da indurre il soggetto disintossicato a tornare alla droga. […] Da un punto di vista medico, la tossicodipendenza si presenta con tutte le caratteristiche di una malattia, anche se i soggetti interessati non vogliono ammetterlo; una malattia che investe la persona tanto dal punto di vista fisico, che da quello psichico. […] Il tossicodipendente è soggetto a delle paurose crisi di astinenza: i medici sanno che al manifestarsi di queste “sindromi”, il soggetto è capace di commettere qualsiasi azione – anche delittuosa – pur di soddisfare questo impellente bisogno dell’organismo. Ho avuto la possibilità – per ragioni di lavoro – di trovarmi a interrogare dei tossicodipendenti in crisi di astinenza: è un’esperienza terrificante. […] Così, ci si rende facilmente conto che quando il tossicodipendente sente impellente il bisogno di recuperare la propria dose di droga, è disposto anche a commettere dei reati: dalla rapina al furto e a volte anche l’omicidio. Il problema, a questo punto, oltreché strettamente sanitario, è anche sociale. Ecco l’aspetto più grave del problema. Il danno all'individuo – a volte irreversibile – diventa anche un potenziale danno per la società. Questo è uno dei motivi per cui la società ha il dovere di non abbandonare il tossicodipendente, di curarlo; egli – come tale – è un malato da curare. […] Se teniamo presente che un tossicodipendente consuma in media 2/3 dosi e che una dose costa circa 15.000 lire, possiamo ipotizzare che ciascuno di essi spende qualcosa come 50.000 lire al giorno. Moltiplicando questo importo per il numero dei consumatori (almeno 15.000 tossicodipendenti a Milano, 8.000 a Firenze e Bologna, 3.000 a Palermo), avremo calcolato il tributo giornaliero che solo la gioventù palermitana paga all'associazione criminale che offre loro solo morte, perché eroina significa morte. A questa associazione criminale che prima rubava, rapinava, taglieggiava e che ora trova più comodo impiantare una raffineria che costa poco ma che fornisce utili rilevantissimi. Anche se questi utili sono realizzati sulla vita e sulla pelle dei ragazzi. Un conto molto sommario fornisce un’idea dei guadagni astronomici che quotidianamente si realizzano con la distribuzione della droga; e più grandi sono le città, più diffuso è il consumo di stupefacenti, maggiore è il tributo che i giovani pagano alle bande internazionali di criminali. Perché di criminali internazionali della peggior specie si tratta. Se ai guadagni illeciti forniti dallo spaccio dell’eroina aggiungiamo il costo delle strutture sanitarie da impiantare per l’assistenza ai tossicodipendenti, ci rendiamo conto quale peso enorme – anche dal punto di vista economico – costituisca per la società il flagello della droga. Non resta che chiedersi se esistano rimedi. Sui rimedi di ordine legislativo […] io manifesto qualche nota di scetticismo, perché conosco i ritardi che caratterizzano l’attività del nostro legislatore dei nostri amministratori; ritengo, per questo, sia difficile che nel volgere di poco tempo si possano avere delle strutture di assistenza efficienti e tali da poter contribuire a circoscrivere il fenomeno. […] Prevedo tempi lunghi per una qualche soluzione legislativa del problema. E, intanto, il numero dei tossicodipendenti aumenta e aumenta di anno in anno il numero dei morti per overdose da eroina. Attualmente non abbiamo strutture sanitarie adeguate e probabilmente non le avremo mai. L’attuale legislazione, sotto un altro profilo, non offre strumenti adeguati a rendere obbligatoria la terapia ospedaliera per il tossicodipendente. […] Esiste […] un problema di farraginosità del procedimento che la legge ha previsto per disporre il trattamento sanitario del tossicodipendente che, poi, si risolve in un danno per lo stesso soggetto. […] non c’è legislazione europea che preveda la totale impunità per chi faccia uso di sostanze stupefacenti. In Italia siamo passati da un eccesso a un altro [ovvero: da una punibilità generalizzata ed eccessiva – per cui, parificando il consumatore allo spacciatore o produttore, tutti erano soggetti alla medesima pena – ad una tendenza alla non punibilità, cioè a una sostanziale liberalizzazione. In quest’ultimo caso, sono punibili solo i produttori e i trafficanti, mentre i detentori e i consumatori - ad uso personale non terapeutico - di modiche quantità di droga non possono essere puniti, N.d.A.]. Dobbiamo avere il coraggio di dire una verità scomoda, anche a costo di andare controcorrente. Oggi non si chiede di punire il tossicodipendente in quanto tale o in quanto spacciatore di piccole quantità di stupefacenti: si chiede di punirlo solo nel caso in cui egli non si sottoponga alla cura di disintossicazione. Io penso che la società abbia il diritto-dovere di chiedere questo, in quanto il tossicodipendente finisce col divenire un peso e un pericolo costante per la società, soprattutto per gli altri giovani che sono fuori da una pratica così dannosa. Non riscontro ancora una piena presa di coscienza sulla portata e la diffusione delle tossicodipendenze; non è ancora nato un movimento d’opinione efficace; non esiste una volontà forte e decisa di combattere il fenomeno. Ognuno di noi pensa tra sé e sé: <<E’ un problema che non mi riguarda, tanto non ho figli tossicodipendenti>>. E no! Quello delle tossicodipendenze è un problema che riguarda tutti. Anzi, non esiste problema sanitario e umano che, come questo, oggi non investa proprio tutti. Il problema, lo ripeto, è profondamente umano.
Io definisco i tossicodipendenti con un’espressione un po’ macabra: morti viventi. E’ terribile, ma è così. Le loro capacità di intendere e di volere non sono più integre, non sono più padroni di se stessi e sono distrutti anche nel fisico, non più liberi, ma schiavi della droga. La loro sopravvivenza è legata alla resistenza del proprio organismo. E anche quando non sopravviene la morte fisica, non si può dire che non ci sia quella civile. Perché non ci si deve impegnare con tutta la propria volontà, con tutte le proprie forze, per fermare il dilagare di questo fenomeno? Perché ci si continua a sentire estranei al problema della tossicodipendenza, se non si viene coinvolti in prima persona o attraverso il dramma di una persona cara? Quello a cui io penso è un impegno civile, costante e diuturno, perché costante e diuturno è il pericolo che corrono i nostri ragazzi, perché costante e diuturno è lo spettacolo di ragazzi che si “bucano”, che lavano la loro siringa nella fontanella delle ville pubbliche, che si bucano nuovamente e, via così, si ammalano. Non possiamo sentirci tranquilli con noi stessi e con la nostra coscienza se non ci sentiamo corresponsabili, se non prendiamo parte attiva in questa lotta che deve coinvolgere tutti" 

Relazione svolta da Rocco Chinnici sul tema della tossicodipendenza al convivio del Rotary Club di Palermo, 29 luglio 1981.



Rocco Chinnici
"Gli utili rilevantissimi ricavati dalla produzione e dalla vendita dell'eroina, calcolati in diverse migliaia di miliardi, attraverso il cosiddetto riciclaggio, operato da istituti di credito, da casse rurali ed artigiane, alcune delle quali gestite - anche se per interposta persona - dagli stessi mafiosi, vengono investiti nell'edilizia, nella trasformazione agraria, in attività commerciali e industriali dall'apparenza del tutto lecita. La mafia continua nell'attività e della produzione e del commercio di sostanze stupefacenti"

Rocco Chinnici, relazione svolta in un incontro con altri magistrati impegnati nei processi antimafia tenuto a Castelgandolfo nel giugno 1982.



"Il potere ha un rapporto spregiudicato di do ut des con la mafia"

Rocco Chinnici, convegno tenuto a Grottaferrata nel 1978.




Rocco Chinnici
"Se la mafia ha legami con il potere, se a volte diventa potere, come può il potere combattere se stesso? Non lo può. E, allora, noi non possiamo parlare di responsabilità di tutti i partiti politici. Noi dobbiamo parlare di responsabilità di quei partiti politici che fino a oggi hanno determinato il potere. Non si può fare di tutte le erbe un fascio. Dobbiamo essere sereni e obiettivi nel formulare i nostri giudizi. Le leggi che si fanno - ma io parlerei di leggi che non si fanno. Che leggi ci ha dato il potere dopo le conclusioni cui è pervenuta la Commissione antimafia? Nessuna legge. E allora: come non possiamo muovere questo gravissimo appunto al potere: ci avete dato leggi atte a combattere il potere mafioso? Non ce le avete date. Noi abbiamo dei discorsi commemorativi. Abbiamo lapidi per i magistrati, i funzionari, gli ufficiali che cadono. Ma per la gente che non ha un ruolo ben definito, che rimane vittima della mafia - che poi vittima della mafia è tutta la società nella quale viviamo - che cosa c'è, che cosa c'è stato in passato? Niente. Il silenzio. I cento morti di Palermo, che sono più di cento: dobbiamo aggiungere ai morti ufficiali le lupare bianche. Dobbiamo aggiungere i ragazzi vittime della droga: non sono questi ragazzi uccisi dalla mafia? Nessuno che abbia una sensibilità normale può esimersi, oggi, dal dare un contributo - quale esso sia - alla lotta contro la droga, che poi significa lotta alla mafia. Di questi ragazzi non ci sentiamo noi tutti responsabili? Veramente mi sento responsabile di questi morti. Perchè sono convinto - dobbiamo essere convinti - che nessuno di noi ha fatto quanto era in suo potere per combattere questa che è la più odiosa delle attività mafiose. Oggi il politico si caratterizza per la amoralità. Quando non si affrontano questi gravi problemi della mafia, quando non si affronta con la dovuta energia il problema della lotta alla droga, allora non siamo noi soli, noi cittadini, responsabili - noi lo siamo per quella indifferenza che ha caratterizzato il nostro comportamento - ma il politico, che avrebbe avuto il dovere di fare e non ha fatto nulla. Ecco perchè quasi un po' il rimorso, il senso di colpa, il problema morale, che devono essere sentiti da tutti , ma specialmente da coloro i quali noi mandiamo col voto al Parlamento per darci le leggi. Le leggi che il politico non ci dà. Le leggi che il legislatore non ci dà. E allora le colpe su chi? Beh, sui giudici, sulla polizia, su chi è chiamato istituzionalmente ad applicare le leggi. Ma se non ce le danno, quali leggi dobbiamo applicare noi? Il garantismo. Certo, il giudice non può condannare se non c'è una legge. Ma le leggi ce le devono dare. E allora, signori miei, il rimedio. Ecco: la mobilitazione delle coscienze. Perchè solo così, quando tutti noi saremo sensibilizzati, da questo momento in poi noi ci sentiamo solidali con chi è caduto, noi avvertiamo imperioso il bisogno di compiere il nostro dovere di cittadini: solo così si potrà dare un contributo per la lotta contro la mafia e contro la droga" 

Rocco Chinnici, convegno organizzato dalla Facoltà di Magistero dell'Università di Palermo il 17 dicembre 1981.



Rocco Chinnici (© Franco Zecchin) 
"La mafia non ha mai avuto credo politico. Se qualche volta, in passato, essa ha preso apertamente posizione, ciò non può essere interpretato in chiave politica, bensì in funzione semplicemente utilitaristica. In Sicilia la mafia sta dalla parte del potere, lo permea, spesso lo condiziona, per trarre dal rapporto con esso il maggior vantaggio possibile" 

Rocco Chinnici, relazione svolta in un incontro con altri magistrati impegnati nei processi antimafia tenuto a Castelgandolfo nel giugno 1982.



"La pubblica amministrazione è talmente permeata di mafia, le istituzioni sono talmente permeate di mafia per cui sembra veramente difficile poter arrivare da un anno all'altro alla soluzione del problema. Oggi non c'è opera pubblica in Sicilia che non costi 4 o 5 volte quello che era stato il costo preventivato, non già per la lievitazione dei prezzi, ma perchè così vuole l'impresa mafiosa, impresa alla quale è spesso interessato un colletto bianco" 

Rocco Chinnici, convegno tenuto a Milano il 2 luglio 1983.



"La nuova figura del reato di associazione mafiosa [tale reato sarebbe entrato in vigore il 29 settembre del 1982 grazie alla legge Rognoni-La Torre, approvata in via definitiva dal Parlamento italiano l'11 settembre di quello stesso anno e promulgata dal Capo dello Stato Sandro Pertini due giorni dopo, N.d.A.], con l'adozione di nuovi e più moderni metodi di indagine (accertamenti bancari, sequestri di beni illecitamente conseguiti, ecc.) demandati a organi di polizia giudiziaria qualificati potrebbe costituire valido mezzo nella lotta contro la mafia. Sempre che ci sia volontà di farla, questa giusta e civile battaglia"

Rocco Chinnici, relatore a un incontro con altri magistrati impegnati in procedimenti antimafia tenutosi a Castelgandolfo tra il 4 e il 6 giugno 1982.  



"Sono siciliano, sicilianissimo e le dico che la legge non è illiberale, non può creare colpi all'economia se rettamente applicata, anzi può sanare l'economia siciliana e quindi non può che essere positivo il mio giudizio. Poi, signori miei, ce la vogliamo porre una domanda da siciliani autentici, non da siciliani che fanno del sentimentalismo fuori luogo? Ce lo siamo mai chiesti perchè la mafia da 40 anni a questa parte non ha fatto altro che accrescere il proprio potere economico e incidere tanto negativamente sulla vita dell'isola?" 

Rocco Chinnici, risposta a un deputato regionale siciliano che aveva attaccato la legge Rognoni- La Torre, dibattito trasmesso da Rai Sicilia.



Rocco Chinnici
"La Chiesa non può rimanere insensibile". In caso contrario, un cardinale "verrebbe meno ai suoi doveri sacerdotali. In un incontro a Grottaferrataio parlai di taluni preti mafiosi. Purtroppo, abbiamo avuto qualche prete mafioso: è storia. Però, ecco, la Chiesa ha il dovere sacrosanto di intervenire. Se la Chiesa tace, incorre - a mio giudizio - in un gravissimo errore, perchè viene meno alla sua missione. Speriamo che ogni parroco, ogni sacerdote, ogni suora , ogni religioso consideri anche questo impegno contro la mafia, contro la droga, come un preciso dovere del suo ministero. Io credo che su questo dovere non si possono avere - neppure lontanamente - dubbi" 

Rocco Chinnici, intervista rilasciata al periodico palermitano "Segno" nel 1981.



"Non si può accusare di collaborazionismo una cittadinanza che ha visto uccidere il titolare dell'albergo Costa Smeralda che aveva collaborato. Non si può accusare di collaborazione una cittadinanza che non ha alcuna protezione nel potere, una cittadinanza che è stata abbandonata dal potere, una cittadinanza che vede la mafia padrona quasi assoluta della vita, dei beni, degli interessi economici della società. In queste condizioni io assolverei per insufficienza di prove e non condannerei. In queste condizioni io direi che semmai si può parlare di paura. Paura che avvinghia. Paura che attanaglia. Paura che fa preferire i 3 mesi di carcere per falsa testimonianza o per favoreggiamento, purchè si continui a vivere, se vita può essere quella di coloro i quali sono costretti a subire giornalmente la violenza mafiosa" 

Rocco Chinnici, intervento a un dibattito tenuto presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Palermo il 17 dicembre 1981.



Rocco Chinnici
"L'accumulazione degli enormi profitti - tratti dalla produzione e dal commercio degli stupefacenti, dal contrabbando di tabacchi lavorati esteri, dalle estorsioni, dal cosiddetto pizzo, dai sequestri di persona - ha trasformato le famiglie mafiose in società imprenditrici. E' questa una realtà nuova. Le famiglie mafiose sono diventate delle vere imprese che operano nell'edilizia, nell'agricoltura e nel commercio; pertanto, oltre che forza reazionaria e criminale, collegata da sempre col potere, la mafia, oggi, è diventata potenza economica che condiziona financo il potere" 

Rocco Chinnici, relazione svolta in un incontro con altri magistrati impegnati nei processi antimafia tenuto a Castelgandolfo nel giugno 1982.



"Oggi più che ieri, la mafia - inserita com'è nella vita economica dell'isola - non può fare a meno dei rapporti col potere; lo dimostrano avvenimenti, piuttosto recenti, che hanno visto imprese mafiose aggiudicarsi appalti di opere pubbliche per decine di miliardi estromettendo altre concorrenti, non mafiose, o comunque non legate alla mafia. La mafia, oggi come nel passato, non può mantenere posizioni di rilievo nella vita siciliana, non può avere incidenza politica, se abbandona schemi collaudati da oltre un secolo, se - forte della potenza economico-finanziaria raggiunta - allenta i vincoli che la legano al potere. E se è vero che, per il raggiungimento di determinati obiettivi illeciti, ha mutato metodi e sistemi gangsteristici, è fatto incontestabile che il rapporto con certi settori del potere permane tuttora. Indubbiamente, le imprese mafiose che operano nell'edilizia, nell'agricoltura, nel commercio, proprio per il fatto che creano posti di lavoro e producono ricchezza possono incidere nel tessuto socio-politico ed economico della regione, nel senso che in occasione di consultazioni elettorali possono orientare parte dell'elettorato. Là dove esistono condizioni economico-sociali depresse, la mafia può approfittarne per accrescere la propria potenza e il proprio prestigio"

Rocco Chinnici, relazione svolta in un incontro con altri magistrati impegnati nei processi antimafia tenuto a Castelgandolfo nel giugno 1982.



Rocco Chinnici e sua moglie
"La mia fiducia è nelle nuove generazioni. Nel fatto che i giovani – credenti, non credenti, della sinistra, democratici, di nessuna militanza politica – si ribellano, respingono il potere della mafia. Questa è la grande speranza che sta germogliando. I giovani devono insorgere contro la mafia e la sua droga, con tutte le forze e il coraggio che hanno. Bisogna avere la consapevolezza e il coraggio di mobilitare tutte le forze vive e responsabili della società". Per poi aggiungere: "Noi abbiamo il dovere di reagire in tutti i modi come componenti di questa società. E ciò in particolare devono farlo gli educatori nelle scuole, i padri di famiglia, i politici, i sacerdoti,..."

Rocco Chinnici, intervista rilasciata alla rivista palermitana "Segno" nel 1981, risposta alla domanda "Che fare?"



"C’è la mafia che spara, la mafia che traffica in droga e ricicla soldi sporchi, c’è l’alta finanza legata al potere politico. Stiamo lavorando per arrivare ai centri di potere più elevati"

Rocco Chinnici, pochi giorni prima di essere ucciso, luglio 1983. 



Rocco Chinnici insieme alla moglie 
"La cosa peggiore che possa accadere è essere ucciso. Io non ho paura della morte e - anche se cammino con la scorta - so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che, se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta. Per un magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo non impedisce nè a me, nè agli altri giudici di continuare a lavorare. I magistrati dell'Ufficio Istruzione sono un gruppo compatto, attivo, battagliero. Gente con i piedi per terra, attenta, accurata"

Rocco Chinnici, una delle ultime interviste.




"Riteniamo doveroso ricordare che l’istruttoria venne iniziata, oltre tre anni fa, dal Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che in essa profuse tutto il suo impegno civile, a prezzo della sua stessa vita"

Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello Finuoli, premessa dell'ordinanza-sentenza contro Abbate Giovanni + 706 emessa l'8 novembre 1985 dall'Ufficio Istruzioni Processi Penali del Tribunale di Palermo.
Con tale documento sono state rinviate a giudizio ben 475 persone per reati che andavano dall'associazione mafiosa al traffico di droga, fino all'omicidio (mandanti ed esecutori del delitto del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa).
Così è nato il maxiprocesso a Cosa Nostra.

In primo piano, da sinistra a destra,
Antonino Cassarà, Giovanni Falcone e Rocco Chinnici
sul luogo dell'attentato in cui fu ucciso Pio La Torre,
30 aprile 1982
(© Franco Zecchin)   

Rocco Chinnici è morto e continuerà ad esserlo se noi non ne facciamo vivere le passioni e gli ideali nelle nostre piccole e grandi esperienze.
Sfrattiamo dalle nostre menti l'indifferenza.
Scacciamo l'ignavia dai nostri cuori.
Impegniamoci, dunque!
Facciamo vivere Rocco attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri quotidiani.
Dimostriamo concretamente e senza ipocrisie che lui vive - davvero - con noi e dentro di noi.
Facciamone memoria piena, autentica, pratica.
Evitiamo di mettere in atto la solita, stucchevole, retorica messa in scena utile solo a farci credere - illusi - che la nostra coscienza sia a posto.
Come oggi è il giorno in cui un bimbo di nome Rocco è sbocciato alla vita, così il testamento morale che questi ci ha lasciato sbocci nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Già, perchè adesso tocca a noi.
Soltanto a noi.

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