sabato 27 dicembre 2014

UN LUNGO CAMMINO 

Le sorelle Mirabal
Due sorelle si recano in carcere per far visita ai propri mariti detenuti.
Una terza le accompagna.
Durante il viaggio di ritorno vengono fermate da alcuni uomini, i quali prima le costringono a scendere dall'automobile, poi le bastonano e le massacrano in una vicina piantagione di canna da zucchero.
Dopo averle così barbaramente uccise, gli assassini ne ripongono i corpi sull'autovettura, spinta in un dirupo affinchè si pensi a un incidente stradale.
E' venerdì 25 novembre 1960.  
Siamo nella Repubblica Dominicana e le vittime si chiamano Aída Patria Mercedes (36 anni), María Argentina Minerva (34 anni) Antonia María Teresa Mirabal (25 anni).
Giovani attiviste politiche e rivoluzionarie, avevano "osato" combattere il regime militare del dittatore Rafael Leónidas Trujillo - salito al potere con un colpo di Stato nel 1930 - con il nome di battaglia "Las Mariposas" ("Le Farfalle").
Ma il loro sacrificio non è stato vano.
Non solo l’indignazione popolare avrebbe portato all'uccisione di Trujillo (il 30 maggio 1961, sei mesi dopo l'omicidio delle sorelle Mirabal) e alla fine della dittatura, ma l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite avrebbe scelto proprio la data della morte violenta delle tre giovani "farfalle" per costituire la Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne.
Nell'atto istitutivo - la Risoluzione n. 54/134, adottata venerdì 17 dicembre 1999 - l'Onu ribadisce la definizione di "violenza contro le donne" già formulata sei anni prima nella "Dichiarazione sull'Eliminazione della Violenza contro le Donne" (adottata lunedì 20 dicembre 1993 dalla stessa Assemblea Generale nella Risoluzione n. 48/104), ovvero: "qualsiasi atto di violenza di genere che provochi, o sia suscettibile di provocare, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata".
Inoltre nel documento di 15 anni fa le Nazioni Unite scrivono che:

  • "la violenza contro le donne è un ostacolo al raggiungimento dell'uguaglianza, dello sviluppo e della pace";


  • "le donne appartenenti a minoranze, indigene, rifugiate, migranti, le donne che vivono in comunità rurali o remote, indigenti, internate o in stato di detenzione, le bambine, le donne con disabilità, le anziane e le donne in situazioni di conflitto armato, sono particolarmente esposte alla violenza";


  • "la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente ineguali tra uomini e donne, che hanno portato al predominio e alla discriminazione contro le donne da parte degli uomini e all'impedimento della loro piena emancipazione";


  • "la violenza contro le donne è uno dei principali meccanismi sociali mediante i quali le donne sono mantenute in condizioni subalterne rispetto agli uomini";


  • "i diritti umani delle donne e delle bambine sono una parte inalienabile, integrante e indivisibile dei diritti umani universali";

  • è necessario "promuovere e tutelare tutti i diritti umani delle donne e delle ragazze", visto che ancora oggi "le donne non godono pienamente dei loro diritti umani e delle libertà fondamentali";

  • desta preoccupazione "il fallimento di vecchia data nel proteggere e promuovere tali diritti e libertà in relazione alla violenza contro le donne";

  • bisogna impegnarsi "nella lotta per sradicare la violenza contro le donne";


  • è sempre bene essere coscienti degli "impatti negativi, sia nella vita sociale, sia nella vita economica, della violenza contro le donne".

Ecco, quindi, il senso e lo scopo della Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne: "organizzare [...] attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne".
Ecco perchè un mese fa, in un messaggio inviato al Rettore dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano ha voluto ricordare che "ho avuto più volte occasione di affrontare questo argomento [la violenza contro le donne, N.d.A.], sempre sottolineando quanto cammino il nostro Paese debba ancora compiere per contrastare efficacemente questa drammatica realtà".
Bene, bravo, bis.
Tuttavia potrebbe (e dovrebbe) essere proprio il Capo dello Stato a compiere un piccolo, grande passo in questo lungo cammino.
Quale?
Porre finalmente rimedio a uno scempio che si trascina ormai da più di sessant'anni.
Il 31 luglio 1954, infatti, il Presidente Luigi Einaudi conferì al "Generalissimo dell'Esercito Dominicano, S.E. Trujillo Rafael Leónidas" (al potere da 24 anni) il titolo di "Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana e decorato di Gran Cordone".
Purtroppo, da allora, tale onorificenza non è mai stata revocata.
Ma di che cosa si tratta?
Secondo la normativa italiana:

    Rafael Leónidas Trujillo, 
    benemerito della Repubblica italiana
  • l'Ordine "Al merito della Repubblica italiana" è "destinato a dare una particolare attestazione a coloro che abbiano speciali benemerenze verso la Nazione" (art. 1, legge 3 marzo 1951, n. 178, con la quale è stato istituito l'Ordine e le relative onorificenze) e "a ricompensare benemerenze acquistate verso la Nazione nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte ai fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari" (art. 1, decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1952, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 29 novembre 1952. Con esso è stato approvato lo Statuto dell'Ordine);


  • "capo dell'Ordine è il Presidente della Repubblica" (art. 2, legge n. 178/1951). Infatti "le onorificenze sono conferite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Giunta dell'Ordine" (art. 4, legge n. 178/1951);


  • "l'Ordine  è composto di cinque classi: cavalieri di gran croce, grandi ufficiali, commendatori, ufficiali e cavalieri. Per altissime benemerenze può essere eccezionalmente conferita ai cavalieri di gran croce la decorazione di gran cordone" (art. 3, legge n. 178/1951). Ciò trova ulteriore conferma nell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1952: "le onorificenze corrispondenti alle classi dell'<<Ordine al Merito della Repubblica Italiana>> sono stabilite nei seguenti gradi: Cavaliere, Ufficiale, Commendatore, Grande Ufficiale, Cavaliere di Gran Croce. La distinzione di Gran Cordone dell'Ordine viene conferita ai Cavalieri di Gran Croce per premiare altissime benemerenze di uomini eminenti, italiani e stranieri";

  • anche se "le concessioni delle onorificenze hanno luogo il 2 giugno, ricorrenza della fondazione della Repubblica, ed il 27 dicembre, ricorrenza della promulgazione della Costituzione della Repubblica Italiana", "le concessioni [...] accordate a stranieri [...] possono avvenire in qualunque data" (art. 7, decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1952);


  • "incorre nella perdita della onorificenza l'insignito che se ne renda indegno. La revoca è pronunciata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine" (art. 5, legge n. 178/1951); "le onorificenze possono essere revocate solo per indegnità" (art. 10, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n. 458); "del decreto del Presidente della Repubblica che dispone la revoca di una onorificenza è data notizia nella Gazzetta Ufficiale" (art. 12, decreto del Presidente della Repubblica n. 458/1952).

Per lo Stato italiano, quindi, il dittatore che ha ordinato l'uccisione di tre donne "colpevoli" di battersi per la libertà e la democrazia del proprio Paese è in realtà un personaggio "eminente" e meritevole di ricevere dalla massima carica istituzionale "speciali" e "altissime benemerenze" "acquistate verso la Nazione nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte ai fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari".
Insomma, un vero e proprio "eroe nazionale". 
Ebbene, tutto ciò permane tuttora (e ovviamente nessuno ha mai pensato di chiedere scusa ai familiari delle vittime e al popolo dominicano)

Matteo Renzi: <<Birichino di un Trujillo!!!>>

Si vede che Matteo Renzi e Giorgio Napolitano - competenti il primo a proporre e il secondo a disporre la revoca dell'onorificenza a Trujillo - non reputano affatto "indegno" un tiranno sanguinario.
Oppure ci troviamo di fronte a due gravi casi di "beata ignoranza", malattia assai diffusa e contagiosa per cui il paziente - non importa se quarantenne o novantenne - è vittima di una diffusa amnesia che gli fa completamente "ignorare" (da qui il nome) i motivi e le origini di ciò che accade intorno a lui.
Tipo la storia di tre donne coraggiose uccise da un uomo solennemente omaggiato da un Paese che "deve ancora compiere un lungo cammino per contrastare efficacemente questa drammatica realtà".   

Giorgio Napolitano: <<Me so' scurdato di
quel gran figlio di Trujillo!>>

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