venerdì 31 agosto 2012

UN VUOTO AL QUIRINALE

Da diversi giorni si sente ripetere in continuazione che - per quanto riguarda la trattativa Stato-mafia (nè "presunta", nè "supposta", ma accertata anche in via giudiziaria) e le conversazioni telefoniche intercettate tra Nicola Mancino e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - il Quirinale non ha nulla contro la Procura di Palermo, che non esiste alcuno scontro, che se il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è rivolto alla Consulta lo ha fatto solo per avere risposta di un vuoto normativo da colmare una volta per tutte.
Niente di più falso.

Nel ricorso presentato alla Corte Costituzionale dal Presidente della Repubblica (rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato) il 30 luglio 2012, si sostiene con convinzione che:

1) le intercettazioni delle conversazioni cui partecipa il Capo dello Stato (anche se indirette e occasionali) sono assolutamente vietate e non possono essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte. Pertanto il Pm deve immediatamente chiedere al Gip la loro distruzione;

2) è assolutamente vietato intercettare e predisporre altri mezzi di acquisizione della prova invasivi nei confronti del Presidente della Repubblica, poichè - fino a quando è in carica - nei suoi confronti non possono essere adottati provvedimenti in materia di intercettazioni telefoniche; 

3) è espressamente e assolutamente vietato disporre intercettazioni nei confronti del Capo dello Stato, senza eccezione alcuna, fino a quando resta in carica, comprese le intercettazioni indirette o captate casualmente. L’impossibilità di intercettare e di usare il testo delle intercettazioni si desume con assoluta chiarezza dalle norme di legge: il Presidente della Repubblica non può subire alcuna limitazione nelle sue comunicazioni e vige il divieto assoluto di utilizzo delle intercettazioni. In caso contrario, si limiterebbe la sua libertà di comunicazione e verrebbe lesa la sua sfera di immunità. E' quindi inammissibile poter usare le intercettazioni svolte dalla Procura di Palermo;

4) quando coinvolgono in qualsiasi modo Napolitano,  bisogna evitare quelle forme invasive di acquisizione della prova inconciliabili con la sua assoluta libertà di determinazione e comunicazione;

5) il Capo dello Stato gode di massima immunità per quanto concerne le intercettazioni;

6) ogni attività del Quirinale è coperta da assoluta riservatezza, da un’immunità sostanziale e permanente a protezione del suo inquilino, funzionale a garantirgli il massimo di libertà d’azione e di riservatezza. Tale  protezione derivante dall’immunità comprende tutti gli atti presidenziali. Si tratta di uno strumento indispensabile ed essenziale per consentire il più efficace conseguimento dei compiti del Presidente e per garantire l’attuazione della Costituzione;

7) il divieto di intercettazione è conseguenza diretta dell’immunità presidenziale;

8) le norme esistenti vanno interpretate in senso conforme all’immunità presidenziale sancita dall'art. 90 della Costituzione;

9) la libertà di comunicazione non può subire alcuna limitazione, visto che le determinazioni e le comunicazioni di Napolitano sono inviolabili;

10) l’intercettazione, l’ascolto, la valutazione, l’utilizzo o la distruzione con la procedura prevista dall'art. 268 c.p.p. lede le prerogative di Napolitano. Tale procedura prevede, in ordine cronologico: 

- la trascrizione (anche sommaria) del contenuto delle intercettazioni registrate;
- la trasmissione del materiale al Pm;
- il deposito in segreteria per tutto il tempo fissato dal Pm;
- la possibilità per i difensori delle parti di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni;
- l'acquisizione disposta dal Gip delle conversazioni non manifestamente irrilevanti indicate dalle parti;
- lo stralcio da parte del Gip delle altre registrazioni di cui è vietato l'uso, con possibilità di partecipazione all'udienza da parte del Pm e dei difensori;
- la trascrizione integrale delle registrazioni da acquisire disposta dal Gip;
- l'inserimento delle trascrizioni nel fascicolo per il dibattimento;
- la possibilità per i difensori di estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico. 

In definitiva, è vietato:

- depositare le intercettazioni nella segreteria del Pm;
- concedere la facoltà di esame delle intercettazioni da parte degli avvocati;
- acquisire le conversazioni non manifestamente irrilevanti indicate dalle parti;
- svolgere l’udienza di fronte al Gip e alle parti per lo stralcio e la distruzione (se richiesta) delle registrazioni non necessari per il processo, di cui è vietato l’uso;
- inserire le conversazioni utilizzabili nel fascicolo, con la possibilità di estrarne copia;

11) le intercettazioni svolte dalla Procura di Palermo sono inutilizzabili, poichè sono state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge. Si tratta di una captazione illegittima di conversazioni di Napolitano, motivo per cui avrebbero dovuto essere immediatamente distrutte; 

12) la diversa interpretazione-ricostruzione dei Pm è scorretta.


In conclusione, Napolitano - tramite l'Avvocatura Generale dello Stato - rivendica che 

- l’avvenuta valutazione dei Pm sulla rilevanza delle intercettazioni per il loro eventuale utilizzo;
- la permanenza delle intercettazioni agli atti;
- l’intento di andare in camera di consiglio davanti al Gip e alle parti 

abbiano leso le proprie prerogative costituzionali, almeno sotto il profilo della loro menomazione. 
Per di più, l'Avvocatura è convinta che sussistano precisi elementi oggettivi di prova dello scorretto uso del potere giurisdizionale da parte della Procura palermitana. Eccoli:

- aver registrato le intercettazioni con la voce di Napolitano;
- aver messo agli atti il testo delle intercettazioni;
- aver valutato la rilevanza o meno delle intercettazioni;
- aver ipotizzato lo svolgimento di un’udienza ex art. 268 c.p.p. tra le parti davanti al Gip per decidere l’acquisizione o la distruzione (con tanto di trascrizione integrale delle intercettazioni per valutarne la rilevanza e facoltà degli avvocati di estrarne copia): tale iter non è applicabile, perché produrrebbe una grave ferita alle prerogative di Napolitano, operando in loro spregio e alterando concretamente e definitivamente la consistenza dell’assetto dei poteri costituzionali.

Insomma, secondo l'Avvocatura, i Pm palermitani avrebbero dovuto immediatamente distruggere le intercettazioni captate illegittimamente, senza soffermarsi a valutarne la rilevanza o meno e senza offrirle all’udienza davanti al Gip e alle parti.

In conclusione, non solo Napolitano - sollevando un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - sostiene che la Procura di Palermo abbia travalicato la propria sfera di attribuzioni delimitata e determinata dalla Costituzione per il potere giudiziario, ma - proprio per questo - fa sì che, in caso di accoglimento da parte della Consulta del ricorso del Quirinale, i migliori magistrati inquirenti antimafia degli ultimi anni rischino conseguenze disciplinari e (forse) penali.

Ecco, basta leggere il ricorso del Presidente della Repubblica presso la Consulta per capire che il Quirinale non solo non sostiene l'esistenza di alcun vuoto normativo (anzi, ritiene che le leggi esistano e siano molto chiare nel difendere le prerogative e la totale immunità del Capo dello Stato), ma accusa - di fatto - la Procura di Palermo di eversione dell'ordine costituzionale.
Ma non si dica che Napolitano si scontri con i Pm antimafia: al massimo che si sia rivolto alla Corte Costituzionale a sua insaputa.   

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