martedì 27 marzo 2012

RAZZISMI PADANI

Che la Lega Nord abbia "una modalità di fare politica che si caratterizza per la sistematica destrutturazione dei simboli comuni, primi fra tutti la lingua e il linguaggio (vedi dileggio del tricolore, invettive sprezzanti contro gli extracomunitari, uso della scurrilità per sottolineare la forza delle proprie ragioni) e che si alimenta della risonanza data a scelte e comportamenti spesso platealmente provocatori e del conseguente vittimismo per la ritenuta incomprensione delle ragioni di fondo" è un'opinione diffusa, condivisa persino da un Tribunale in sede civile. Le parole usate, infatti, sono state messe nero su bianco dal giudice Maria Grazia Cassia del palazzo di giustizia di Brescia in un'ordinanza del 31 gennaio scorso.
Vittoria Romana Gandossi (segretaria della Cgil di Adro) - insieme ad Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione) e alla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell'uomo onlus - aveva promosso un'azione civile contro la Lega Nord e la sua sezione cittadina di Adro per chiedere il risarcimento dei danni a seguito di una discriminazione subìta. 
Ora, poichè l'unico soggetto giuridico cui va imputato il comportamento discriminatorio è la sezione comunale di Adro, non possono essere considerati giuridicamente responsabili gli altri organi del partito. Infatti non solo non esiste un rapporto tale da poter giustificare una responsabilità delle sezioni provinciali, regionali o nazionali rispetto alle azioni della sezione comunale, ma l'eventuale responsabilità politica dei vertici leghisti verso il comportamento delle camicie verdi di Adro non assume alcuna rilevanza giuridica (anche se lo Statuto del partito padano demanda il controllo ad alcuni organi del movimento, si tratta pur sempre di controllo meramente politico). Del resto, i vertici leghisti non sarebbero potuti intervenire sulla sezione di Adro prima del procedimento civile, visto che sono stati informati dei fatti soltanto con la notifica del ricorso. Escluso dunque dal giudizio il partito, il Tribunale ha condannato Maria Grazia Cassia, Asgi e Fondazione Piccini onlus a rifondere alla Lega Nord le spese legali (2.500 euro).
Data tale premessa e individuato l'unico responsabile (la sezione di Adro della Lega Nord), il giudice è passato all'esposizione dei fatti. Sulla vetrina della sede partitica - situata in centro paese - era stato affisso un manifesto dai seguenti contenuti:
"Cara la me Romana, sono tutti bravi a fare i culattoni con il culo degli altri (tipico dei comunisti: quello che è tuo è tuo, quello che è mio è mio). Portatelo a casa tua il beduino sfrattato (non paga l'affitto da due anni). Noi nella casa del Comune ci mettiamo gente anziana e bisognosa, ma di Adro. Prima i nostri, poi anche gli altri! W la Lega Nord! W Bossi!".
Sono ben note a livello nazionale l'asprezza del dibattito locale sul trattamento da riservare ai residenti extracomunitari e sulle scelte dell'amministrazione comunale della cittadina bresciana ispirate all'ideologia leghista, secondo cui "prima i nostri, poi gli altri". La sola "colpa" di Vittoria Romana Gandossi era proprio stata quella di aver osteggiato tali scelte, essendosi schierata dalla parte di un cittadino extracomunitario e venendo perciò additata come un ostacolo all'applicazione del suddetto principio.  
Il Tribunale ha quindi ritenuto evidente la portata diffamatoria e la valenza razzista del messaggio, stante il disprezzo e l'intolleranza palesate sia verso il segretario della Cgil cittadina, sia verso il cittadino extracomunitario chiamato - per chiara scelta denigratoria - "beduino". Tale squallido comportamento razzista e molesto era stato attuato - sempre secondo il giudice - allo scopo di violare la dignità personale e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo, sulla spinta di un profondo disprezzo verso chiunque venga visto come usurpatore di alcuni diritti (l'odio leghista era stato rivolto a una sindacalista che difendeva le posizioni di un extracomunitario, identificato come tale e non come persona morosa).
Anche se il cartello incriminato era poi stato rimosso, il giudice ha ordinato ai leghisti di Adro di astenersi da ulteriori atteggiamenti molesti, discriminatori e razzisti e li ha condannati a risarcire ai tre ricorrenti non soltanto i danni morali (2.500 euro ciascuno), bensì anche a rifondere loro le spese di lite (3.800 euro totali).
D'altronde, si sa: il razzismo paga.

P.s. Il basso livello culturale degli esponenti leghisti è confermato dal fatto che il segretario della sezione di Adro abbia difeso il suo movimento con una lettera - prodotta in udienza il 25 febbraio 2012 - scritta in una "forma sgrammaticata"
Lega ignorantona, il giudice non perdona!    
   

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