lunedì 12 marzo 2012

OMOFOBIE DEMOCRATICHE

Ieri, intervistata da Maria Latella per Sky Tg24, il Presidente del Partito Democratico, Rosy Bindi, ha rispolverato il suo repertorio omofobo, forse per celebrare il 5° anniversario delle dichiarazioni rese il 12 marzo 2007 in qualità di ministro per la Famiglia del secondo governo Prodi al convegno romano "Tempi moderni e famiglia":
"Il desiderio di maternità e di paternità un omosessuale se lo deve scordare. Il legislatore deve tutelare il bambino, compreso quello che vive solo, dalle suore, o in un istituto trattato male, o in Africa. Paradossalmente è meglio che stia in Africa nella tribù, piuttosto che cresca con due donne o con due uomini. Non ho dubbi da questo punto di vista".
Ieri ha voluto commemorare tale massima filosofica, concedendo il bis:
"Non userei mai la parola matrimonio, perchè credo che quello sia un istituto previsto dalla nostra Costituzione e dalla tradizione giuridica del nostro Paese che lega quella parola al fondamento di una famiglia e a un'unione eterosessuale".
D'altra parte, Rosy Bindi è in buona compagnia all'interno del suo partito.
Intervistato da Diego Bianchi (in arte, Zoro) alla festa Pd di Ostia, il 9 settembre 2011 il prescritto Massimo D'Alema (per un finanziamento illecito di 20 milioni di lire al Partito comunista italiano, ottenuto a metà degli anni '80 da un imprenditore della sanità pugliese legato alla Sacra Corona Unita), nominato viceconte del Vaticano e Nobil Uomo del Pontefice il 20 novembre 2006 quando era Ministro degli esteri dello stesso governo Prodi, ha riesumato idee già manifestate nel 2007:
"Il matrimonio come è previsto dalla Costituzione del nostro Paese - se non la si cambia - è l'unione tra persone di sesso diverso, finalizzata alla procreazione, tra l'uomo e la donna. Questo dice la Costituzione. Oltretutto, le organizzazioni serie degli omosessuali italiani non hanno mai rivendicato di poter andarsi a sposare in chiesa. Hanno posto un problema diverso: che vengano riconosciuti i diritti delle persone che si uniscono, tra cui i diritti all'eredità e all'assistenza, perchè due persone che convivono hanno diritto di vedere riconosciuta e tutelata questa loro condizione". Secondo D'Alema, bisogna "riconoscere questi diritti anche fuori dal matrimonio, sulla base del fatto che si determina un'unione di fatto che viene registrata fuori dal matrimonio. Siccome una parte importante del nostro Paese ritiene che il matrimonio è un sacramento, io penso che il sentimento di questi italiani vada rispettato ed è possibile rispettarlo senza comprimere i diritti delle persone omosessuali che devono essere riconosciuti. Cioè, in definitiva, è possibile trovare un compromesso ragionevole".
Ora, a parte la stravagante singolarità di dividere le organizzazioni omosessuali "serie" da quelle evidentemente superficiali e la preoccupante confusione tra matrimonio civile e religioso (gli omosessuali rivendicano il primo perchè vengano loro riconosciuti alcuni sacrosanti diritti civili, non ecclesiali), consiglio ai due esponenti "democratici", Bindi e D'Alema, di leggere la sentenza 15 aprile 2010, n. 138 della Corte Costituzionale. Se infatti l'avessero fatto (e ne avessero capito il contenuto), saprebbero che:
1) il matrimonio civile previsto dall'ordinamento italiano si riferisce soltanto all'unione tra uomo e donna;
2) la diversità di sesso dei coniugi è un requisito fondamentale per l'esistenza e la validità di un matrimonio;
3) tali principi derivano da una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio;
4) l'aspirazione al riconoscimento delle coppie omosessuali si può realizzare anche senza equipararle al matrimonio;
5) l'art. 29 della Costituzione italiana "riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio";
6) l'articolo seguente (il 30) tratta la tutela dei figli naturali, la quale non smentisce la potenziale finalità procreativa del matrimonio, che lo differenzia dall'unione gay;  
7) l'Assemblea Costituente trascurò completamente la questione delle coppie gay, nonostante tale condizione fosse nota. Sancì così la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore in età fascista (nel 1942), secondo cui - come oggi - è necessaria la diversità sessuale dei coniugi;
8) l'esclusivo matrimonio tra uomo e donna è costituzionalmente legittimo e non discriminatorio, poichè le coppie gay non possono essere considerate omogenee al matrimonio.
Tuttavia, l'art. 2 della Costituzione italiana obbliga la Repubblica a riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'essere umano, sia come singolo, sia nelle "formazioni sociali" in cui si svolga la sua personalità. Ebbene - per la Consulta - la nozione di "formazione sociale" comprende anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza e comunità tra due persone del medesimo sesso, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione. Le coppie omosessuali hanno quindi il diritto fondamentale di vivere liberamente tale loro condizione e di ottenere un riconoscimento giuridico - con i conseguenti diritti e doveri - nei tempi, nei modi e nei limiti regolabili necessariamente da una disciplina generale di legge. Secondo la Corte, è perciò compito del Parlamento - nell'esercizio della sua piena discrezionalità - trovare le forme di riconoscimento delle unioni gay. Comunque, in attesa che il legislatore colmi il riconosciuto vuoto normativo - la Consulta ha già ora il potere di intervenire per tutelare situazioni particolari e specifiche, sancendo anche la necessità e la legittimità costituzionale di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia sposata e quella di una coppia omosessuale.
La Corte Costituzionale, effettuando una chiara (ma forse non per tutti) esegesi dell'art. 29 della Costituzione, rammenta altresì che quando l'Assemblea Costituente ha definito la famiglia "società naturale" non ha voluto intendere quello che molti opinionisti un tanto al chilo spacciano senza alcuna vergogna (ovvero una società che si basi sull'unione di un uomo e di una donna, secondo quanto previsto dalla natura), bensì ha inteso evidenziare che la famiglia possiede alcuni diritti originari preesistenti allo Stato, da quest'ultimo doverosamente riconoscibili. Non si possono pertanto bollare come "cristallizzati" i concetti di "famiglia" e "matrimonio" con riferimento all'epoca in cui la Costituzione è stata scritta (1946/1947), in quanto essi possiedono la duttilità tipica di ogni principio costituzionale, per cui devono essere interpretati tenendo conto delle trasformazioni dell'ordinamento e dell'evoluzione della società e dei suoi costumi.
Come menzionato sopra, è il Parlamento l'unico organismo a poter colmare l'intollerabile vuoto legislativo in materia di unioni omosessuali. Tale precetto è confermato anche dall'art. 12 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e dall'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, secondo i quali l'affermazione dei diritti di sposarsi e formare una famiglia è rinviata alle leggi nazionali di ciascuno Stato. Come appare evidente (ma forse non per tutti), le norme europee non vietano affatto la concessione dello status matrimoniale alle unioni omosessuali, ma delegano la relativa previsione normativa alla volontà di ogni assemblea parlamentare.
Sperando di aver fatto comprendere ai lettori la mostruosità delle dichiarazioni esposte in pubblico con grave sprezzo del ridicolo dall'ex democristiana Rosy Bindi e dall'ex comunista Massimo D'Alema, voglio comunque riconoscere loro un'attenuante non di poco conto: in fondo, sono solo deputati della Repubblica italiana.   

P.s. Non c'entra nulla con le coppie dello stesso sesso, ma ricordo che la legge 164/1982 - varata durante il primo governo Spadolini, in cui la Democrazia Cristiana controllava il ministero dell'Interno con Virginio Rognoni - concede la possibilità, a seguito di sentenza definitiva della magistratura, di riconoscere a una persona un sesso diverso rispetto a quello di nascita. Pertanto, i transessuali non solo hanno il diritto di vedere riconosciuta dalla legge la propria fondamentale esigenza di far coincidere corpo e psiche, ma possono tranquillamente contrarre matrimonio con un partner di sesso diverso (ad esempio, un soggetto nato femmina, ma riconosciuto come uomo a seguito di vari interventi chirurgici, può sposare una donna). Chissà se qualcuno ha informato Bindi e D'Alema: c'è il rischio che ne restino scandalizzati.

1 commento:

  1. Quante donne crescono il figlio da sole, senza 1 uomo accanto; dovrebbero preferire che il figlio venga cresciuto in 1 istituto?? E poi lì, avrebbero figure sia maschili che femminili con cui confrontarsi?? Ste gente mi sembra si arrampichi sui muri pur di sostenere la propria tesi. In passato, quanti matrimoni infelici x nascondere l'omosessualità, quante famiglie rovinate: i figli erano + felici?? Almeno oggi si cerca di ottenere un diritto alla luce del sole.

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